Archeologia di Emilio Tadini


Descrizione
Accanto al suo amore per la scrittura, negli anni ’50, Emilio Tadini inizia a sperimentare un nuovo linguaggio espressivo: la pittura. I primi dipinti sono il risultato di una ricerca simbolica e figurativa che ricorda molto Bosch.
Tadini esordisce in campo artistico con una pittura fiabesca, di chiara matrice surrealista, e la sintesi che egli attua allo scadere degli anni ‘60 avviene proprio grazie all’adozione della chiave di lettura metafisica: la materia pittorica si alleggerisce, le immagini risultano meno affollate, i fondi si fanno chiari e spesso monocromi, suggerendo uno spazio più ideale che realistico.
Tadini ha necessità di mettere in scena la realtà, ma la realtà allucinata del sogno, una via di mezzo estremamente personale tra surrealismo e metafisica.
Uno spazio allusivo, una probabile “scena del crimine” in cui l’artista ci consegna elementi apparentemente slegati tra loro, la cui interconnessione diviene generatrice di una narrazione che, tuttavia, spetta solo al visitatore decodificare. I personaggi di Tadini agiscono in un contesto allusivo, sono figure ironiche, senza volto in quanto impenetrabili psicologicamente e con le quali l’artista ci impedisce di entrare in empatia. Tutto è ambiguo e tutto è possibile.
Il titolo dell'opera "Archeologia" rinvia a un ciclo di lavori realizzati tra il 1972 e il 1973 grazia al quale Tadini denuncia il suo concetto stesso di storia e di operare con l'arte, che ben presto sfociano nelle serie dedicate alle città e ai contesti urbanizzati.
Specifiche tecniche:
- Anno: 1973;
- Litografia a colori. Dimensioni: cm 70 x 50;
- Tiratura: 99 esemplari numerati con numeri arabi, 20 con numeri romani e qualche PA;
- Firmata e numerata a matita dall'artista;
- Esemplare 65/99.
Questo lotto è stato donato da Galleria Valeria Bella.

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Accanto al suo amore per la scrittura, negli anni ’50, Emilio Tadini inizia a sperimentare un nuovo linguaggio espressivo: la pittura. I primi dipinti sono il risultato di una ricerca simbolica e figurativa che ricorda molto Bosch.
Tadini esordisce in campo artistico con una pittura fiabesca, di chiara matrice surrealista, e la sintesi che egli attua allo scadere degli anni ‘60 avviene proprio grazie all’adozione della chiave di lettura metafisica: la materia pittorica si alleggerisce, le immagini risultano meno affollate, i fondi si fanno chiari e spesso monocromi, suggerendo uno spazio più ideale che realistico.
Tadini ha necessità di mettere in scena la realtà, ma la realtà allucinata del sogno, una via di mezzo estremamente personale tra surrealismo e metafisica.
Uno spazio allusivo, una probabile “scena del crimine” in cui l’artista ci consegna elementi apparentemente slegati tra loro, la cui interconnessione diviene generatrice di una narrazione che, tuttavia, spetta solo al visitatore decodificare. I personaggi di Tadini agiscono in un contesto allusivo, sono figure ironiche, senza volto in quanto impenetrabili psicologicamente e con le quali l’artista ci impedisce di entrare in empatia. Tutto è ambiguo e tutto è possibile.
Il titolo dell'opera "Archeologia" rinvia a un ciclo di lavori realizzati tra il 1972 e il 1973 grazia al quale Tadini denuncia il suo concetto stesso di storia e di operare con l'arte, che ben presto sfociano nelle serie dedicate alle città e ai contesti urbanizzati.
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- Anno: 1973;
- Litografia a colori. Dimensioni: cm 70 x 50;
- Tiratura: 99 esemplari numerati con numeri arabi, 20 con numeri romani e qualche PA;
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